Nella descrizione della nascita di Gesù, Luca nomina due volte la mangiatoia nella quale era stato posto. Maria “lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7). Probabilmente era una mangiatoia scavata nella roccia quella nella quale fu posto Gesù. A Betlemme vi erano case che erano costruite sopra una grotta. La grotta serviva all’alloggiamento degli animali. Vi erano mangiatoie di roccia e greppie scavate nella roccia.
La parola greca katàlyma (locanda) indica certamente la stanza situata sopra la grotta. Poiché in questa stanza non vi era posto per il bimbo appena nato, rimaneva solamente la stalla con la greppia. E un’immagine della povertà del bambino, nel quale brilla la gloria di Dio. Due volte (Le 2,7.12) Luca ricorda anche che il bambino era stato avvolto in fasce. Evidentemente è riferimento al fatto che Gesù è un bambino reale, normalissimo e non un bambino prodigio.
La mangiatoia e le sue raffigurazioni
Nel corso della storia gli artisti hanno raffigurato la mangiatoia in svariatissime forme. In oriente prende la forma di una greppia di pietra, che sembra una tomba. Il bimbo è fasciato come un cadavere. Qui la greppia rimanda certamente al sepolcro di Gesù, dove Gesù è nato una seconda volta nella risurrezione.
Solamente lì la morte è stata vinta per sempre. La nascita di Cristo è causa del fatto che noi nella morte rinasceremo alla vita ultraterrena. L’incarnazione, la passione e la risurrezione sono parti di una stessa scena. Nell’arte bizantina, ma anche in occidente vi è il tipo della greppia ad altare. Questa figura rimanda certamente all’eucaristia. Betlemme, tra l’altro, significa nella traduzione ‘casa del pane’.
Nell’eucaristia si celebra sempre in modo nuovo il mistero dell’incarnazione di Dio. Vi mangiamo il pane che scende dal cielo. Nel medioevo la mangiatoia è per lo più raffigurata come greppia di legno, nella quale la paglia prepara un posto morbido per il bambino. Qui la greppia è inserita nella vita quotidiana dei contadini.
La mangiatoia e l’arte
L’arte, con le sue varie raffigurazioni della mangiatoia, ha sempre espresso un messaggio teologico. Si tratta della povertà di Gesù. Dio viene in grandissima povertà. E’ avvolto in fasce, avviluppato in stracci. Non viene nella gloria, ma in modo semplice. Dio è veramente diventato uno di noi.
Sì, il bambino nella mangiatoia mostra che Gesù già dalla sua nascita è stato solidale con i poveri di questo mondo, che egli ci appare soprattutto nel volto dei poveri. Gesù è posto in una mangiatoia che contiene il cibo per gli animali. Poiché gli esseri umani non l’accolgono, giace dove gli animali hanno nutrimento. Gli animali, invece, gli lasciano la loro mangiatoia. Lo accolgono. La natura irrazionale sente che in quel momento una madre ha bisogno di un posto per il suo bambino.
Al contrario le persone umane, che riflettono troppo, se la squagliano di fronte alla richiesta di aiuto. Altri aiutano, senza pensarci su troppo. E’ come un riflesso. E’ ovvio che si diano da fare quando qualcuno si trova in difficoltà. Hanno un sesto senso per il Figlio di Dio divenuto uomo. Lo vedono in colui che ha bisogno del loro aiuto, senza rendersene conto.
La visione del popolo
Il popolo ha raffigurato amorevolmente la mangiatoia fin dal medioevo. In tutti i popoli vi sono raffigurazioni della mangiatoia. Gli artisti hanno raffigurato la nascita di Gesù in mezzo al proprio mondo, nella vita quotidiana dei campi o nel mondo degli artigiani. Nel presepe compaiono i rappresentanti della società del tempo. Tutto il mondo è in pellegrinaggio verso la greppia per adorarvi il bambino.
L’origine di questa ‘pietà da presepe’ è stata non solamente la celebrazione natalizia del presepe, fatta da S. Francesco nel 1223 nel bosco di Greccio insieme ai confratelli e a moltissima gente, ma soprattutto fu l’usanza della ‘culla del bambinello’, diffusasi soprattutto nei conventi delle domenicane. Le monache dovevano portare un Bambino Gesù di cera all’entrata in convento.
Durante il tempo di Natale dovevano prepararsi con esercizi spirituali alla nascita del bambino divino. Per il tempo di Natale questo bambino era accudito come un infante vivo, riceveva baci e portato al seno e riposto a dormire.
Mentre le monache portavano il piccolo al seno e lo ninnavano, si immergevano nel proprio amore a Gesù. Il fatto di cullare il bambino era parte della loro mistica d’amore.
Corrispondeva alla richiesta profonda di rendere vivo e sensibile l’evento misterioso della nascita di Gesù per risvegliare un profondo amore per il Figlio di Dio fatto uomo. Il fatto di cullare il bambino era usuale anche presso il popolo. Molti canti natalizi dei secoli xiv e xv sono ninne nanne. Li si cantava nella liturgia mentre il sacerdote cullava il bambino mostrandolo al popolo.