Il bue e l’asino. Da quando ci sono rappresentazioni della nascita di Gesù, vi sono sempre il bue e l’asino, anche se i due animali non sono nominati nemmeno in Luca. Eppure già Origene (t 254 ca.) ha posto il brano di Is 1,3 in relazione con la mangiatoia a Betlemme: “Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. Mentre gli esseri umani non riconoscono Gesù come il Messia, il bue e l’asino riconoscono nel bimbo posto nella greppia il loro Signore.
Gregorio di Nissa (t 394) interpreta così l’immagine del bue e dell’asino: il bue indica la legge ebraica, alla quale egli è legato come al giogo; l’asino è il simbolo dei gentili. Difatti, egli porta il peso dell’idolatria. Tra il bue e l’asino vi è il bimbo divino, che libera sia gli ebrei che i gentili dal loro giogo e dal loro peso.
Il bue e l’asino: interpretazioni
L’interpretazione dei padri della chiesa mostra chiaramente che il bue e l’asino sono intesi in senso simbolico. La loro interpretazione è comunque significativa. Con la prima immagine si indica che gli animali hanno un senso per Cristo, mentre gli esseri umani con argomenti chiassosi nascondono lo sguardo al mistero dell’incarnazione.
Noi oggi ne daremmo un’interpretazione piuttosto nella direzione della psicologia del profondo, cioè come simbolo della natura impulsiva ed istintiva dell’essere umano. I nostri istinti e le nostre pulsioni comprendono meglio il mistero della trasformazione che diventa visibile nell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo.
Le pulsioni possono essere trasformate in atti spirituali, gli istinti in sapienza. Lo mostrano molte fiabe. I due figli più anziani del re non badano a quanto gli animali dicono loro. Il più giovane dei figli, invece, ascolta gli animali. Accoglie la loro richiesta di aiuto. Per questo essi si trovano al suo fianco nelle situazioni critiche e gli mostrano la via per arrivare all’acqua della vita. Se ascoltiamo le nostre pulsioni e i nostri istinti, essi ci spingono alla greppia, nella quale si trova il bimbo divino, e ci mostrano la via per la vera vita.
Leggende sul bue e l’asinello
Chi, invece, reprime le proprie pulsioni e i propri istinti, chi vive solamente con la testa, perché vuole pilotare e decidere tutto a partire dalla testa, vive al di sotto delle proprie possibilità, rimane straniero a se stesso, in lui non può nascere niente di nuovo. Abbiamo bisogno degli animali, abbiamo bisogno delle pulsioni e degli istinti. Senza di essi non vi è rinnovamento nella vita, non si può rinascere. Il bue e l’asino alla greppia ci invitano a lasciare da parte i nostri condizionamenti razionali e a dedicarci umilmente agli animali che ci sono in noi. Sono più vicini al bimbo divino che non la nostra testa, che riflette solamente sul bimbo, senza riconoscerlo.
Molte leggende raccontano che il bue e l’asino hanno riscaldato con il loro alito il bimbo che aveva freddo. Sono come un luogo materno di protezione per il bambino. Similmente le pulsioni e gli istinti in noi sono un luogo di protezione che ci nutre e ci riscalda, nel quale può nascere e crescere in noi qualcosa di nuovo, senza che si raffreddi nel freddo di questo mondo.
Il bue e l’asino: pensieri filosofici…
Aniela Jaffé, una discepola di C.G. Jung, dice che sia lo spirituale che il naturale sono esperienze del numinoso e superano la ristrettezza dell’io. L’istinto e la natura spirituale fanno parte entrambi della totalità dell’essere umano e si trovano in una misteriosa relazione di reciprocità.
Senza di essi l’essere umano non può trovare il proprio sé. Il bue e l’asino riscaldano con il proprio alito il bimbo divino: si esprime in modo figurativo che la parte naturale ed istintiva nell’essere umano può riscaldare e nutrire lo spirito, che lo spirito in noi senza questo slancio vitale diventa freddo e si irrigidisce.
Anche la seconda immagine dei padri della chiesa potrebbe essere per noi una lieta notizia. Bue ed asino, pulsioni ed istinti non sono solamente forze positive. In sé sono ambivalenti. Possono simbolizzare anche la parte pesante, dura, ottusa della legge e il peso dell’idolatria. Il bue, che ‘procede’ guardando fisso davanti a sé, e l’asino, che crolla sotto il peso che porta, sono immagini di comportamenti di vita che tutti conosciamo. Noi spesso percorriamo testardi la nostra strada, senza guardare a destra o a sinistra. Ci carichiamo troppo peso addosso, perché non abbiamo una misura.
Continuando…
Cristo nasce come un bambino nella nostra religiosità legalistica. Un bimbo non ha il senso della legge. Con il suo amore spontaneo manda a monte tutte le leggi. Non ha il senso del peso dell’idolatria, delle fatiche dell’ascesi da noi stessi scelta, con la quale noi pensiamo di costringere Dio nei nostri schemi e di poter fare del nostro io una divinità. Il bimbo crede che tutto sia facile. Invece di accollarci pesi, egli ci avvia verso la leggerezza dell’essere. Dal Natale promanano le due cose: la spontaneità dell’amore e la leggerezza dell’essere.
La Legenda aurea vede nel bue e nell’asino i rappresentanti di tutta la creazione. Tutta la creazione prende parte alla redenzione.
Lo esprimono molte leggende. Per alcune nella notte santa fioriscono le rose. Per altre la foresta si muta in un giardino pieno di fiori. Oppure la stessa natura inanimata è toccata dall’incarnazione di Cristo. La colonna di Romolo si spezza, da una fontana di Roma, nella notte di Cristo, sgorga olio invece di acqua. Le immagini di queste leggende ci mostrano che tutto in te e intorno a te può essere cambiato con l’incarnazione di Gesù, anche quanto è duro, inconscio, terreno, pulsionale. Tutto in te diventerà nuovo. Difatti, Ambrogio dice: “Non ci dobbiamo meravigliare che con la nascita di Cristo tutto diventi nuovo, poiché è nuovo proprio colui che nasce da una vergine”.
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