Il messaggio natalizio. L’anno è nuovamente finito e con lo spuntare del giorno di Natale ricorda, più o meno chiaramente ed energicamente, a noi tutti la domanda: abbiamo ascoltato il messaggio: « Oggi a voi è nato il Salvatore »? A noi tutti! In questa questione non si chiede se siano persone appartenenti o no alla Chiesa, credenti o non credenti. Non sarebbe giusto se si volesse darsi pace, dicendo: Io sono cristiano, ho sentito, sento e sentirò. Non sarebbe valido neppure se ci si volesse rifugiare dietro quest’altra frase: Io sono un figlio del secolo, questo problema per me non è vivo.
La domanda vale per noi tutti, come è certo che siamo uomini, ed è questa: è vero che a noi è nato un Salvatore, dunque un soccorritore, anzi il Salvatore, il soccorritore, il vero, definitivo Salvatore e soccorritore? Siamo noi dunque uomini che sono stati realmente e definitivamente aiutati e che sono loro stessi nella condizione di portare soccorso?
Il messaggio natalizio: l’annuncio
Il messaggio natalizio
La domanda, se noi abbiamo avuto un aiuto e se noi possiamo aiutare, riguarda dunque noi tutti. È veramente una domanda rivolta a tutti noi. Chi può dire di non aver sentito quell’annunzio? Ma chi può dire di averlo ascoltato bene?
Chi potrebbe darsi pace, chi potrebbe eluderlo, chi potrebbe non vergognarsi di aver ascoltato così poco bene? Se avessimo ascoltato bene, dovremmo anzi presentarci, non soltanto dinanzi alla nostra coscienza, ma anche al nostro prossimo, come persone che hanno ricevuto un aiuto e che sono in grado di darlo.
Ma in ogni caso, che noi vogliamo professarci cristiani o invece figli del secolo, dovremo riconoscere che noi, tutti quanti, sotto questo doppio aspetto, siamo creature senza soccorso.
Il compito della Chiesa
Il messaggio natalizio…
Chi potrebbe e vorrebbe, allora, presumere di essere tale che per lui sia nato un Salvatore? Chi non si troverebbe confutato per la sua doppia inettitudine a darsi e a offrire aiuto? E perciò avverrà che il messaggio natalizio, con la sua pretesa di essere ascoltato, porrà realmente a noi tutti una domanda, costringendoci a una decisione iniziale.
La Chiesa dovrebbe misconoscere se stessa, se in questi giorni non volesse inchinarsi, con tutto il mondo e dinanzi a tutto il mondo, più consapevole – che non i cosidetti figli del secolo – della sua « terrestrità », cioè della sua umana incapacità di darsi e dare soccorso, per ascoltare in modo integralmente nuovo. Ma non si può dire nulla – i teologi più devoti e dotti di tutti i tempi non hanno mai potuto dire la minima parola a proposito di come si fa, di come « si arriva » ad ascoltare il messaggio natalizio.
Ascoltare il messaggio natalizio
Tutti i discorsi in proposito s’aggirano intorno al fatto – veramente come se fosse un centro, di cui non si può parlare – che il messaggio natalizio si offre da sé all’ascolto. Senza che noi « ci arriviamo »,. senza che noi ci possiamo preparare a ciò. Ci potremmo preparare soltanto se avessimo già ascoltato, cosicché in verità, potrebbe essere soltanto una preparazione postuma. Un chiaro tempo di Avvento dovrebbe aver raccolto la sua luce dal Natale che – solo apparentemente – segue. Per conoscere il Salvatore veniente, dovremmo conoscere quello già venuto. L’aiuto che noi stessi potremmo procurarci mediante qualsiasi tecnica, non sarebbe questo ausilio, reale e definitivo.
Finché dovessimo procurarci da noi stessi l’ascolto del messaggio natalizio, non riceveremmo nient’altro da ascoltare se non quanto potremmo, in fondo, dirci da noi medesimi, e nella nostra miseria senza soccorso nulla verrebbe mutato.
Dunque chi, qui, intendesse di poter pretendere schiarimenti o dare informazioni su come si « arriva » ad ascoltare questo messaggio, avrebbe dimenticato che qui si tratta di ascoltare ciò che « nessun orecchio ha udito », ciò che « Dio ha preparato per coloro che lo amano » (1 Cor. 2,9).
La nascita e la gioia dell’annuncio
Non potrebbe avvenire altrimenti, deve essere così che nella notte di Natale viene detto ai pastori per bocca dell’angelo: « Oggi a voi è nato il Salvatore! ». Questo angelo, non possiamo evocarlo da noi. Non possiamo neppure aspettarlo come si aspetta un’ispirazione o un’esperienza interiore. Ispirazioni ed esperienze interiori sono possibilità umane. Aspetteremmo soltanto di poter avere qualcosa da dirci. E ciò che potremmo dire a noi stessi, ci lascerebbe nella nostra miseria priva di soccorso. L’angelo è la divina possibilità di un conoscere da parte dell’uomo, di cui non si può chiedere se e come potrebbe un giorno presentarsi.
Ci si deve chiedere se l’angelo non sia già in mezzo a noi (come stanno appunto gli angeli in mezzo a noi) e parli con noi (proprio come gli angeli parlano con noi), se non ci sia già detto e non ci verrà detto (come questo messaggio ci viene espresso appunto, prima che noi ci accingiamo all’ascolto!): « Oggi a voi è nato il Salvatore! »? Non saremmo noi a poter convincere né noi stessi né altri che l’angelo stia in mezzo a noi e parli, che Dio ci abbia « preparati » ad ascoltare.
Ricevere il messaggio
Ispirazioni ed esperienze interiori non le abbiamo forse ricevute mai e forse non le riceveremo mai e se le ricevessimo, dovremmo magari – e a ragione -diffidarne. Ma se Dio ci preparasse ad ascoltare, allora non avremmo neppure bisogno di tali cose, saremmo semplicemente e assolutamente, quali uomini qualsiasi, come erano anche quei pastori, degli uditori. Ed ora ci potremmo chiedere attraverso il fatto storico del Natale, se è vero che Dio ci ha effettivamente preparati, se, – mentre ancora ci domandiamo se ci sia un tale ascolto e come potremmo pervenirvi – non abbiamo già ascoltato.
Così che sarebbe una illecita leziosaggine, se non ne convenissimo, se non volessimo vivere come persone che hanno ricevuto un aiuto ed ora possono pure arrecarlo! Dio potrebbe appunto essere stato più accorto di noi e di tutte le nostre domande! Mentre noi ci stiamo ancora chiedendo: posso? devo? voglio?, Egli potrebbe averci già dato la risposta, ed averci resi già uditori, e allora la tanto invocata « lealtà » potrebbe consistere proprio in questo: nel? Ammettere con il cuore, con la parola e con i fatti di aver ricevuto un aiuto e di poter noi stessi dare un soccorso, perché abbiamo un Salvatore.
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