L’attesa è l’atteggiamento al quale ci spinge in ogni momento il tempo dell’Avvento: «siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa» (Lc 12,36). L’attesa è carica di tensione. C’è qualcosa da aspettare: il ritorno del signore dalle nozze. Oppure, lo sposo stesso, come viene descritto nella parabola delle vergini sagge e stolte (cfr. Mt 25,1 ss.).
L’attesa fa nascere nella persona una tensione positiva. Chi attende, non uccide il tempo nella noia. E’ orientato ad una meta. La meta dell’attesa è una festa, la festa della nostra umanizzazione, dell’autorealizzazione, del nostro entrare in unione con Dio, ma non siamo solamente noi ad attendere: anche Dio attende noi. Attende che noi ci apriamo alla vita e all’amore.
La parola attesa
La parola ‘attesa, stare in guardia’ indica propriamente stare nella ‘torre di guardia’. La ‘torre di guardia’ è il luogo dell’osservazione, delle vigilie. Attendere indica, quindi, stare attenti se qualcuno viene, osservare tutt’intorno quanto si avvicina a noi. Inoltre significa fare attenzione, preoccuparsi di qualcosa, come il ‘guardiano’ osserva ogni singola persona e le presta attenzione. Attendere provoca questi due atteggiamenti in noi: l’ampiezza dello sguardo e l’attenzione all’attimo, a quanto stiamo vivendo, alle persone con le quali stiamo parlando. L’attesa allarga il cuore. Quando attendo, io sento che non basto a me stesso. Ognuno di noi lo sa, quando aspetta un amico o un’amica. Si guarda ogni secondo l’orologio, per vedere se non sia ancora ora. Si è tesi all’attimo nel quale l’amico o l’amica scenderà dal treno o suonerà alla porta di casa. Grande è la nostra delusione, se di fronte alla porta di casa si trova qualcun altro. L’attesa fa nascere in noi una tensione eccitante. Sentiamo di non bastare a noi stessi.
L’attesa del Natale
Nell’attesa usciamo da noi stessi verso colui che tocca il nostro cuore, che lo fa battere con più forza, colmando la nostra attesa. Oggi molti non riescono più ad attendere. Vivono il tempo di Avvento non come tempo di attesa, ma già come un Natale passato. Alcuni celebrano sempre Natale, invece di mantenere sveglia l’attenzione e di protendere il proprio cuore nell’attesa del mistero del Natale. I bambini non sanno attendere che la madre dica la preghiera prima di mangiare. Devono mangiare subito, se c’è qualcosa sul tavolo. Non aspettano che la cioccolata sia messa nella borsa della spesa. Devono mangiarla ancor prima che sia pagata alla cassa del supermercato. La gente in fila davanti alla cassa o allo sportello della stazione non riesce ad aspettare. Si spinge. In tutto questo c’è qualcosa di importante: chi non sa aspettare non svilupperà mai un forte io. Dovrà per forza soddisfare ogni bisogno immediatamente, ma diventerà allora completamente dipendente da qualsiasi bisogno.
L’avvento e il Natale
L’attesa ci rende liberi dentro. Se sappiamo aspettare finché il nostro bisogno sia soddisfatto, siamo in grado di sopportare anche la tensione che l’attesa suscita in noi. Il nostro cuore si allarga e ci dona, inoltre, la sensazione che la nostra vita non è banale. Lo vediamo quando aspettiamo un qualcosa di misterioso, poiché vi attendiamo il compimento della nostra nostalgia più profonda. Allora riconosciamo che noi siamo più di quanto ci possiamo dare. L’attesa ci mostra che il nostro vero essere deve esserci donato.
Forse riesci a ricordarti le sensazioni di quando hai aspettato qualcosa. Hai invitato degli amici per una festa. Se qualcuno arriva troppo presto, questo disturba la tensione della tua attesa. Ti va perso qualcosa. Il gusto dell’attesa, l’anticipazione della gioia della festa insieme, i preparativi per la festa si inceppano. L’attenzione, che fa parte dell’attesa, è saltata a pié pari. Non puoi badare al tuo cuore, con tutte le aspettative e i desideri che vi nascono. Se però al tempo fissato non c’è ancora nessuno, anche in quel caso tu sei deluso. In quel caso l’arco dell’attesa è teso oltre misura. Vengono idee come: «Non mi vogliono bene. Non sono di nessun valore per loro. Con me possono fare questo. Per loro ci sono cose più importanti di me».
Valerne la pena…
Che cosa spegne la tensione dell’attesa? Come ti senti, quando attendi la venuta di una persona che ami? Entra un qualcosa di nuovo nella tua vita. È come ricevere un dono. Provi gioia al pensiero di quella persona. Ti senti vivo. Crescono in te sentimenti forti. Eppure non solo tu attendi. Tu stesso sei atteso. Come ti senti, quando altri ti aspettano, quando Dio ti attende? Gli altri hanno aspettative su di te. Le aspettative possono limitarti, ma, se nessuno si aspetta più niente da te, tu ti senti superfluo. Il tempo dell’Avvento ti invita ad allargare nell’attesa il tuo cuore e ad alzarti in piedi, perché sei atteso. Tu ne vali la pena. Molti ti aspettano. Dio ti aspetta, perché tu viva una vita vera.
Ti potrebbe interessare anche: La spiritualità del Natale